martedì, giugno 6

mistress nel fumetto: Wonder Woman


Il ricordo che ho di Wonder Woman è legato alle edizioni Play Press e George Pérez.
All' epoca fagocitavo albi a fumetti su albi a fumetti. Ero affascinato dall' aurea epica e terrena, così diversa dagli altri supereroi pur restando negli stessi canoni degli albi declinati al maschile.

Come ho detto nel precedente post, l' ideatore di Wonder Woman non era solo uno psicologo e convinto femminista, pare secondo alcune indiscrezioni che avesse un rapporto poliamoroso, molto probabilmente come sottomesso.

Grant Morrison, uno dei massimi esponenti dei comics a livello planetatrio, diede alle stampe nel 2016 un albo a fumetti dove mescola le vaie origini della bella amazzone Diana con la propensione per le pratiche di dominazione e sottomissione a cui fu legato il suo creatore, che per stessa ammissione dello stesso Grant disseminava di immagini più o meno velate di costrizione (stiamo comunque parlando del 1941/42).

Ecco di seguito l' intervista riguardo a Wonder Woman Heart One:



 Volevo allontanarmi il più possibile dall’immagine della guerriera, perché non credo che c’entri molto con l’idea originale del personaggio, anche se tutti l’hanno data per scontata per molto tempo. Non dico che sia un’immagine sbagliata, solo che è diventata dominante col tempo e non lo era alle origini. Non volevo riproporla perché non ha senso prendere in carico un personaggio se non si ha qualcosa di nuovo o diverso da dire su di esso.



 Quindi mi sono immerso nelle storie originali di Marston e sono stato spazzato via dalla bizzarra atmosfera, fatta di cultura alternativa e soprattutto di una differente idea di sessualità che Wonder Woman incarnava all’epoca e permeava l’intero fumetto. C’erano una serie di scene di bondage abbastanza ridicole quasi in ogni vignetta. Mi ha dato l’impressione di essere lontanissima dall’attuale visione.
Diana non portava spada e scudo, a quei tempi, ma i classici bracciali con cui deviava i proiettili e il lazo che obbligava chiunque ad obbedire ai suoi comandi. Era virtualmente invincibile in quanto super-forte e resistente, dotata di tutte le caratteristiche che conosciamo. Tornare a quella visione mi sembrava originale e mi dava l’occasione di raccontare una storia che trovavo molto più interessante da calare in un contesto contemporaneo.


  La storia inizia sostanzialmente con Steve Trevor che precipita sulla sua isola e si innamora di lei, dopo di che i due, mano nella mano, si avviano verso la Seconda Guerra Mondiale. Oggi, però, non ci troviamo coinvolti da un conflitto globale, quella storia delle origini non avrebbe molto senso. Ho realizzato che sarebbe stato un esordio molto più significativo e dinamico se Diana avesse desiderato autonomamente andarsene dall’isola, in fuga da una madre iperprotettiva e troppo preoccupata.
Da lì sono partito a farmi delle domande. Cosa si proverebbe a passare tremila anni della propria vita sulla stessa isola, con lo stesso gruppo di donne? Che razza di cultura verrebbe a crearsi? Come sarebbero i rapporti interpersonali e quanto ripetitivo e rituale diverrebbe lo stile di vita? Rispondere a queste domande mi ha in qualche modo portato su altre strade ancora che, non per caso, includono alcune delle dinamiche delle origini.





 L’idea che Diana si innamorasse a prima vista del primo uomo che incontra non è granché moderna. In questa storia, vede Steve Trevor come un’occasione per fuggire alla prigione in cui si sente intrappolata e lo sfrutta in tal senso. Questa componente è molto più forte dell’innamoramento, di fatto lei lo usa. Tuttavia, così facendo, gli salva la vita. Motivazioni e atteggiamenti più interessanti del classico colpo di fulmine che ti cambia l’esistenza.

Per quanto riguarda l’aspetto di Diana, abbiamo recuperato molto dello stile di Harry Peter, che realizzava splendidi disegni e la ritraeva come una brava ragazza bellissima, dalle curve morbide. Da lui è nata l’espressione good girl art, per definire quell’immagine femminile tipica dei comics di allora. Assieme a Yanick Paquette abbiamo preso molto dall’immaginario delle origini.

 Le donne di Peter sembravano star del cinema degli anni Quaranta e le Amazzoni erano eleganti e alla moda. Non certo delle guerriere. Abbiamo pensato a come aggiornare quel concetto ai tempi nostri e il risultato è un popolo di supermodelle, il corrispettivo contemporaneo dell’ideale femminile. Sono alte e snelle, non hanno bisogno di molti muscoli, perché sono molto più forti degli uomini. Hanno corpi assolutamente idealizzati, proprio come quelli di Marston e Peter.






 Per contrasto, le donne che Diana incontra nel mondo degli uomini sono di etnia, taglia, corportatura molto diversa da lei e tra loro (in fondo nell' immaginario collettivo dei fumetti a tema Mistress e anche nelle foto di Bettie Page la fisicità è giunonica, molto accentuata anche in altezza N.d.C.A.) c’è un fortissimo contrasto tra le femmine normali e le Amazzoni geneticamente perfette.

Era qualcosa che volevo assolutamente sottolineare, nella storia, pur senza calcare troppo la mano,

anche Steve è l’opposto speculare di Diana. Quello originale era piuttosto noioso, dall’aspetto classico del bravo ragazzo. Un tipo d’uomo cui una donna perfetta del mondo contemporaneo difficilmente potrebbe interessarsi. Ecco perché lo abbiamo reso come un uomo molto più forte, etnicamente connotato e del tutto diverso dal candido Trevor delle origini. Inoltre, come detto, ha un ruolo molto più ambiguo rispetto al semplice innamorato di Marston.
Abbiamo reimmaginato del tutto gli esordi di Wonder Woman, in una storia completa. Quel che rende interessante questo volume credo sia l’esplorazione degli aspetti più potenzialmente provocatori del mito del personaggio.







Wonder Woman ha goduto di diverse versioni sin dal 1940. Tra tutte queste, ho voluto tenere in considerazione gli elementi che consideravo migliori e più interessanti, distillandoli nella mia versione. Abbiamo apportato alcune variazioni alle sue origini, perlopiù perché l’origine “originale” è stata fatta in un periodo nel quale c’era la Seconda Guerra Mondiale. Lei andava in guerra e si innamorava del primo uomo che incontrava, oltre a combattere i nazisti.

Oggi, non ci sono nazisti da combattere, motivo per il quale ho ritenuto che dovesse avere un tipo differente di spinta motivazionale. L’idea era quindi quella di prendere gli elementi base del personaggio e arricchirli con maggiore tensione, drammaticità, ambiguità e pericolosità.



 Lei è il risultato di un esperimento genetico fatto da sua madre e contiene al suo interno tracce di DNA maschile. È questo che l’ha resa diversa, il modo in cui è stata creata.
 la storia dice chiaramente che queste donne vivono assieme su un’isola da tremila anni. Non penso che, nel momento in cui hanno rinunciato agli uomini, abbiano automaticamente fatto lo stesso con il sesso. Immagino sia una cosa naturale, non c’è bisogno di esplicitarlo nei testi. Non credo ci sia nulla di strano, dato che nel mondo occidentale c’è oramai una larga percentuale di individui che si identifica come omosessuale, né che ci sia qualcosa di scioccante in questo aspetto della storia.




Per quanto concerne il bondage e il concetto di dominanza, questi temi derivano dallo stesso creatore di Wonder Woman, William Moulton Marston. Ha avuto per primo l’idea che Wonder Woman fosse superiore agli uomini: Se tutti noi uomini fossimo d’accordo con la filosofia della sottomissione sessuale, nella quale ci sottomettiamo alla volontà di una donna e facciamo ciò che ci ordina, sarebbe un mondo migliore.
Come dicevo, abbiamo solo preso alcuni aspetti della storia originale e li abbiamo resi parte della nostra. Si tratta di un racconto su catene, rocce, lacci, verità e bugie, dominanza e sottomissione.

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 Fonte: Comics Vine

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